LA PACE

LA PACE







“Words don’t mean anything anymore.” 

"LE PAROLE NON SIGNIFICANO PIÙ NULLA"



      Conosco bene il significato che il linguaggio riveste nel mondo delle relazioni e so cosa significhi non sapere più come rappresentare il mondo e se stessi agli altri.

          Questa frase è riportata da un giornalista qui e racconta delle inevitabili conseguenze che uno sterminio causa a chi è sopravvissuto a esso.

           La crisi totale, raccolta dai familiari e dagli amici superstiti a Gaza. 

Non disperazione, paura o angoscia, ma la perdita di ciò che un tempo rappresentavano e del valore che parole come distruzione, morte, assedio avevano prima. 

          Le risposte ‘affettive’ come la depressione sono comuni ad ambedue le parti ma non sono mai state elaborate per un progetto di rinnovamento dei rapporti per una convivenza non violenta, ma unicamente per perpetuare il conflitto.

Il piano di Trump va bene a Trump. Il prezzo della trattativa è la cessazione dei bombardamenti ed è in un punto che poi sottoscriveranno terroristi e capi di Stato. 

Nel punto 7 dei suoi 20 punti sono indicati i criteri per il capitolato generale della ricostruzione, che sono contenuti in quanto previsto dall'accordo del 19 gennaio 2025 in materia di aiuti umanitari, tra cui la riabilitazione delle infrastrutture (acqua, elettricità, fognature)

Scrive il periodico online MILANO FINANZA: “Quasi 200mila edifici distrutti, reti idriche ed elettriche da rimettere in funzione, strade da rifare: la Striscia diventerà un immenso cantiere. La Banca Mondiale ha già aggiornato il conto a 80 miliardi di dollari. Pronti i big Usa, Uk e del Golfo. In Italia si scaldano i gruppi del cemento. E l’Eni potrà attivare le concessioni vinte ma congelate dal 7 ottobre 2023.

Una dichiarazione che esprime il cinismo con cui è redatta a partire dalla data, 9 mesi prima della fine del conflitto.

Poi, il Trump inserisce un punto (il 19) con cui si arroga anche il diritto di stabilire i tempi della costituzione di uno Stato autonomo di Palestina, che avverrà “quando la ricostruzione di Gaza starà avanzando: allora potrebbero finalmente crearsi le condizioni per un percorso credibile verso l'autodeterminazione”.  Il che vuol dire che lui deciderà che il lotto è pronto per essere vissuto e le ruspe se ne andranno. Allora si potrà iniziare a prendere in considerazione l’idea di un progetto che valuti, sentite le comunità delle due parti, l’eventualità di un’autodeterminazione.

    È la, da sempre complessa, storia di Gaza.

Si fanno avanti tutti gli esperti del mondo a commentare la foia                  razzista di chi insiste con i bombardamenti e la gioia dei sopravvissuti, per uno sterminio  che, grazie al cielo, si è (quasi) concluso, e tra le soluzioni proposte, non molto tempo fa per il Donbass, trovo il federalismo, che viene riproposto per il Medio Oriente.

             Ha l’aria di essere una buona idea. Comunque, si scrolla di dosso sia il   confronto forzoso con il mandato britannico istituito dalla Società delle Nazioni nel 1920, sia la soluzione a due stati, complicata dalla continua espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, dalla divisione politica tra Fatah e Hamas, e dai problemi mai risolti di Gerusalemme, i rifugiati e i confini definitivi. Nonché i problemi di convivenza tra i fedeli delle due confessioni che necessitano di tempi diversi, che riguardano il superamento delle pratiche di apartheid dello Stato ebraico.

Due concetti mi hanno fatto riflettere sulle relazioni tra enti:

            

Gli stati non sono riconosciuti dal diritto internazionale, esiste l’autodeterminazione dei popoli e gli Stati sono la conseguenza di questo

e

L’idea di creare due Stati sia solo la strada per istituzionalizzare il conflitto

Sono concetti espressi in questo documento che mi hanno convinto che i punti di vista sono da ricalibrare, come pure le relazioni.

Fra gli stati come fra gli esseri umani.




Mi piace immaginare un Medio Oriente federale, costituito da enclave tra le quali il confine non esista e lo Stato, non riconosciuto dal diritto internazionale, funga da amalgama. Comuni l’energia e la sanità, autonomo tutto il resto.

Mi consola il volto di una donna che, con lo sfondo di macerie e fango, proclama: “Sono felice”.

La guardo con ammirazione.